Continuare a tramandare il dialetto significa tramandare un patrimonio di saggezza popolare, di poesia della vita, di verità e buon senso. Significa, in un mondo che sta perdendo tutti i punti di riferimento, restare aggrappati a questa nostra "pesaresità", a volte scomoda e limitata, che ci richiama a un'identità, a un'appartenenza, a un senso della comunità e della solidarietà che si sta sfaldando. Pasqualon rappresenta tutto questo al massimo livello dell'espressione poetica dialettale. Al di là del godimento che ci procurano le sue invenzioni, le sue "trovate", nei suoi versi c'è un insegnamento profondo che, col passare del tempo, non perde affatto il suo smalto. Ripubblicare Pasqualon oggi, significa auspicare che per i giovani la sua poesia possa avere ancora quella funzione pedagogica che ebbe per le nostre generazioni, spingendoli a ritrovare nel dialetto quei valori che sono legati alle nostre radici.
Autore
Odoardo Giansanti, detto Pasqualon il poeta degli umili, nasce a Pesaro il 18 settembre 1852 e vi muore il 21 settembre 1932. Fu per Pesaro qualcosa di molto diverso da ciò che rappresentò all’incirca nello stesso periodo storico Trilussa per Roma e Di Giacomo per Napoli. Poeti colti e raffinati che si esprimevano in un dialetto illustre; popolano e incolto il Giansanti che dettava i suoi ottonari nel dialetto di una città linguisticamente divisa secondo il ceto sociale. Giansanti fu il poeta del mondo dei poveri e degli ignoranti che popolavano il centro urbano di Pesaro e dintorni. Quasi cieco, sciancato, con una tuba nera in testa e una lunga palandrana, ricco solo del proprio umorismo, veniva da tutti accolto con simpatia, e viveva di quel poco che gli donavano. Il primo volume delle Pasqualoneidi viene pubblicato a Pesaro nel marzo del 1887.
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