Compagni scusateci, avevate ragione!
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La ricerca condotta da Giorgio Tornati cerca di dare risposta a una domanda cruciale: perché in un partito – quello pesarese – che osò tanto, in seguito, di fronte a situazioni altrettanto drammatiche o a situazioni politiche che richiedevano spirito innovativo, ci furono eccesso di cautele, resistenze dimesse, addirittura gregarie?
Il 1956 fu un anno drammatico. Un giorno dei primi mesi di quell’anno, un nume tutelare sovietico aveva aperto un armadio e messo in mostra ai propri “fratelli” tante storie di crimini e d’illegalità avvenuti sotto il potere di Stalin.
Allo sconcerto provocato da queste rivelazioni si aggiunse, di lì a poco, l’orrore per i fatti di Ungheria, dove il sollevamento popolare, provocato anche dalle dichiarazioni di Chruščëv al XX Congresso del Partito Comunista sovietico, fu represso nel sangue dall’invasione delle truppe sovietiche e dell’Armata Rossa.
La reazione a questi eventi fu drammatica in tutto il mondo comunista. C’era in discussione l’idea di un mondo nuovo che si stava realizzando! Ai critici parve che il “Gigante Rosso” stesse morendo, per altri che fosse solo ferito e pronto a rialzarsi (come le elezioni amministrative del 1960 confermeranno).
A Pesaro, nell’”anno del nevone”, accadde qualcosa che rese ancor più drammatico questo momento: l’autoconvocazione di un’assemblea pubblica di dirigenti e militanti di base e l’incontro successivo di una delegazione con Palmiro Togliatti. Alcuni, infatti, non accettarono la paralizzante logica che faceva appello al “contesto storico” ed alzarono gli occhi al cielo. Stendendo una bandiera con falce e martello raccolsero povere lire per pagare il Viaggio a Roma di una delegazione che parlasse al Segretario Generale del Partito Comunista Italiano, guardandolo negli occhi!
Questo libro non è né una memoria né un saggio storico. È un patchwork sul ’56 pesarese: ricordi, appunti, documenti, riflessioni su una vicenda politica. Una piccola storia nella grande storia, con racconti di vita e di amicizie, di passioni politiche e di smisurate idealità. Anche di dolori.
Ma nello stesso tempo la ricerca condotta da Giorgio Tornati cerca di dare risposta a una domanda cruciale: perché in un partito – quello pesarese – che osò tanto, in seguito, di fronte a situazioni altrettanto drammatiche o a situazioni politiche che richiedevano spirito innovativo, ci furono eccesso di cautele, resistenze dimesse, addirittura gregarie?
Prefazione di Anna Tonelli, professore ordinario di Storia contemporanea all'Università di Urbino "Carlo Bo".
Autore
Giorgio Tornati nasce a Pesaro nel 1937. Frequenta il Liceo Scientifico “Marconi” di Pesaro, si laurea in Scienze Geologiche alla Sapienza di Roma grazie ad una borsa di studio del Pio Sodalizio dei Piceni. Insegna materie scientifiche nelle scuole superiori di secondo grado. Nel 1965 viene eletto in consiglio comunale dove, con varie funzioni, siede per trentadue anni. Assessore con i sindaci Giorgio De Sabbata e Marcello Stefanini, diviene sindaco di Pesaro nel 1978. Lascia la carica nel 1987 per candidarsi al Senato dove ricopre il ruolo di responsabile del gruppo comunista in materia di territorio ed ambiente fino al 1992. Nel 1963 fonda con Marcello Stefanini il Circolo “Antonio Gramsci” a Pesaro. Dal 1975 al 1978 è segretario provinciale del PCI.
A cura del professore Carlo De Maria è uscito nel 2019 il volume Istituzioni locali e processi riformatori. La “linea riformista pesarese” e la sindacatura di Giorgio Tornati (1978-1987), collana OttocentoDuemila Storie del Territorio, 9. In Marcello Stefanini Politica come progetto, a cura di Bruna Stefanini, «I Quaderni», Istituto Gramsci Marche, 1997, Giorgio Tornati pubblica il saggio Gli anni ’60 nell’esperienza del Circolo “Gramsci”.
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