Gelsomino d’Arabia, pièce spiazzante con le sue trovate sceniche e lessicali, venne rappresentata per la prima volta al teatro degli Indipendenti, con la regia di Bragaglia, nel 1926. In essa l’estroso autore siciliano diede corpo e sostanza alla sua fantasiosa creatività mediante figure burattinesche e mitiche, in un intreccio segnato dal caotico trionfo del non sense e in una esilarante sarabanda erotico-sentimentale, nella quale lo sberleffo irriverente rovescia i miti trionfanti dell’immaginario borghese. A parte una breve ripresa negli anni Settanta, quest’opera di Aniante non è stata più rappresentata né pubblicata in tempi recenti.
Introduzione di Alfredo Sgroi, giornalista, saggista, scrittore, docente di Storia e Filosofia e dottore di ricerca presso l’Università La Cattolica di Milano.
Autore
Antonio Aniante, pseudonimo di Antonio Rapisarda (Viagrande, 1900 – Ventimiglia, 1983), è stato uno scrittore e commediografo italiano. Esordì come giornalista per la rivista «900, Cahiers d’Italie et d’Europe» di Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte, ma si rivelò ben presto buon autore teatrale. Fu influenzato inizialmente dal Realismo magico e dal Futurismo e tra le sue opere principali si ricordano le commedie d’avanguardia scritte per il Teatro degli Indipendenti di Roma, Gelsomino d’Arabia (1926) e Bob-Taft (1927), e Carmen Darling (1929), rappresentata da Carlo Ludovico Bragaglia.
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