L’esplorazione della poesia di Mario Luzi, e dei rapporti che egli instaurò con il Simbolismo francese, rivela la circolazione “sotterranea” di Rimbaud e di Baudelaire, suoi numi tutelari, e il continuo confronto con Mallarmé, in una sorta di dialogo ideale a distanza, che dagli esordi si protrae fino alle raccolte degli anni ’90. Questo saggio ricostruisce cronologicamente le diverse fasi dell’esperienza di Luzi e l’enorme fascino esercitato su di lui dal poeta di Besançon, offrendo una visione d’insieme dell’interrogazione luziana sulla natura della poesia e del rapporto che essa stabilisce con il mondo. Si ripercorrono i diversi interventi critici di Luzi su Mallarmè, le sue traduzioni, il suo apprendistato poetico, cioè quel lavoro minuzioso sulla parola che cerca di restituirne il significato originario. Un’opera di “filologia integrale” quindi, che si ispira all’ideale assoluto mallarmèano rappresentato da Le Chinois ed evocato nei versi: «Et ma lampe qui sait pourtant mon agonie, / imiter le Chinois au cœur limpide et fin…». Chiude il volume un’intervista a Jean-Yves Masson, fine traduttore dei versi di Luzi nella “Lingua” di Mallarmè.
Prefazione di Alfredo Luzi.
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