Quando fu pubblicato Nostro Purgatorio (Treves 1918), Umberto Fracchia scrisse su «L’Idea Nazionale» che si trattava di uno dei libri “più belli, vivi e commoventi da quando, e non è poco, gli uomini combattono e guerreggiano fra di loro”. Questo giudizio è ancora attuale, nel momento in cui si celebra il centenario della Grande Guerra. Baldini descrive luoghi, persone, combattimenti, ma lo fa con il filtro della sua ironia, che attribuisce agli eventi di cui è testimone una dimensione quasi straniata di “fatti personali”. Un percorso esistenziale, dunque, in cui l’attraversamento di un necessario e doloroso “Purgatorio” genera il profondo senso di pietas che pervade la narrazione. In Baldini non c’è la retorica un po’ mistificante di certi vociani, non ci sono le provocazioni interventiste dei futuristi, non c’è l’esaltazione eroica dei dannunziani e, soprattutto, non c’è l’illusione che la guerra possa rigenerare la società decadente. Per questo credo che la sua chiave narrativa sia la più aderente alla sensibilità dei lettori di oggi.
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