Scritti tra il 1992 e il 2011, Le Voile noir di Anny Duperey, Reliques di Henry Raczymow, Mes bureaux di Jean-Philippe Toussaint, Y penser sans cesse di Marie Ndiaye non coprono certo l’intera gamma di interferenze che la fotografia può produrre quando è coniugata alla scrittura. Attestano tuttavia le principali modalità attraverso le quali il dispositivo fotoletterario modella e ridefinisce le scritture del sé e, più in generale, le forme dell’immaginario francese contemporaneo, che spesso ricorre ad altri codici espressivi per rivitalizzare generi e contenuti. In modo diverso le quattro opere ci trasmettono la necessità del soggetto di cercarsi (senza necessariamente ritrovarsi) attraverso la fotografia quale forma di mediazione, e di raccontarsi attraverso la scrittura. Ci narrano altresì la posizione del soggetto nel mondo, il suo sguardo sull’immagine e sulla letteratura.
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Autrice
Margareth Amatulli è professoressa associata di Letteratura francese presso l’Università degli Studi Carlo Bo di Urbino. Le sue ricerche riguardano la letteratura francese del XX e XXi secolo, in particolare l’autobiografia, la memoria, gli scrittori della Shoah (Lazzaro risorto. Memoria e identità nell’autofinzione di Jean Cayrol, Albert Cohen e Georges Perec, Trieste, Parnaso, 2000), il rapporto tra autobiografia e immagine. la relazione tra la letteratura e le altre arti, nel dialogo tra la fotografia, la pittura e più in particolare il cinema, è stata indagata in autori quali Jean-Philippe Toussaint, Henry Bauchau, Nathalie Léger, François Emmanuel, Florence Seyvos, Alice Ferney, Sébastien Ortiz, o in registi come Roberto Andò e François Truffaut. A quest’ultimo è dedicata la monografia scritta in collaborazione con Anna Bucarelli, Truffaut uomo di lettere, Urbino, Quattroventi, 2004.
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Rassegna Stampa
Recensione di Beatrice Seligardi, rivista online Arabeschi, n. 18, dicembre 2021.
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